Alla fine del 2019, guardando i dati di mercato, si pensava che il 2020 sarebbe stato ancora l’anno del gin, con una crescita sotto la doppia cifra ma comunque significativa, e della riscossa definitiva del vermouth, forte anche della nuova Indicazione Geografica Torino. Da parte dei produttori, infatti, c’era la volontà di promuovere un consumo liscio, tradizionale e con radici storiche, svincolandosi dai grandi cocktail classici in unione col bitter. La richiesta di consumazioni low alcol avrebbe reso il vermouth protagonista, con la proposta del classico vermuttino con la sola aggiunta di soda.
Infine, tornando ai distillati, si affermava timidamente la possibilità di una riscossa del brandy, forte di un trend americano positivo per quanto riguarda i distillati da vino, cognac in testa. Un ambizioso piano di lancio di preziose riserve, da parte dei due principali attori del mercato italiano, è stato interrotto dalla pandemia, che ha rimandato le previsioni.
Uno stop così prolungato ed una ripresa a macchia di leopardo costringono a rivedere, oltre alle vendite, anche i trend di mercato? Probabilmente sì, visto che il distanziamento e il consumo da asporto impongono di affinare nuove strategie.
Prima di parlare di Italia, però, vediamo cosa accade a livello mondiale, considerato che spesso barman e consumatori dello Stivale sono fortemente influenzati da quanto accade oltreoceano.
Come sappiamo, il mercato ha dei cicli e siamo passati dal fenomeno del rum, sostituito dai vodka bar, all’era del gin.
Whisky
Qualcuno ipotizzava un ulteriore balzo in avanti del whisky, l’unico distillato che non passa mai di moda.
I segnali forti ci sono: il ritorno in grande stile delle distillerie irlandesi, l’exploit di Austria e Francia con decine di distillerie in produzione, e la completa affermazione del Giappone, in grado ormai di strappare quotazioni a quattro zeri per i prodotti invecchiati. E c’è da scommettere che presto anche l’Italia sommerà altre realtà alle tre già esistenti.
Calvados
Oltre al whisky transalpino, un altro prodotto francese potrebbe presto risvegliarsi: forte del prestigio e della rinascita del cognac, anche il calvados potrebbe trarne giovamento.
Un rivoluzionario produttore di blended, Compass Box, ha creato un originale mix fra whisky e calvados, affermando che le note del malto si integrano pienamente con quelle del distillato della Normandia.
Una contaminazione interessante, che farebbe presagire un ritorno di fiamma per il gusto fruttato del distillato di mele e pere, rimasto a lungo sugli scaffali dei bar ad uso dei soli affezionati.
Spiced e botanical rum
Un altro trend rilevabile è quello degli spiced rum. Anche in Italia si assiste ad un forte consumo di questa tipologia di prodotto, piacevole e disimpegnata, con il lancio di Baron Samedì, la crescita di Kraken e la spinta di Bacardi. Numeri interessanti, ma nulla al confronto del più 80% dell’Inghilterra, da sempre patria di questa merceologia che aveva in Captain Morgan il suo alfiere più rappresentativo. Ed è qui che troviamo la novità 2020, vale a dire i botanical rum, che rendono più complessa l’aromaticità piuttosto standardizzata degli spiced, fatta di equilibri variabili fra chiodi di garofano, cannella e vaniglia. Il più originale è aromatizzato con tè verde, salsapariglia, pepe e scorze di limone, mentre il classico speziato è arricchito con sale marino, utile ad aumentare le percezioni gustative.
Hard seltzer
Lasciato il distillato di canna da zucchero, riprendiamo per un attimo il discorso del low alcol.
L’esplosione americana del fenomeno degli hard seltzer, bevande gasate a basso grado alcolico, solitamente aromatizzate con frutta, non ha pari.
La Coca Cola Company, con il marchio messicano Topo Chico, sta mettendo in piedi un piano di distribuzione mondiale. E’ facile pertanto prevedere che questi prodotti saranno presto disponibili nei bar italiani, dove probabilmente avranno meno presa perché abbondano liquori, amari e vermouth che, opportunamente diluiti, possono dare risultati ben più interessanti.
Analcolici e zero alcol
I concetti di analcolico (inferiore all’1.2% di alcol) e zero alcol saranno la sfida del futuro. Un confronto per nulla facile, visto che erbe e spezie hanno indubbi problemi di conservazione in acqua, e che non è possibile gasare il prodotto per le sue caratteristiche tradizionali. L’unica via sembra quella del monodose che, soprattutto sull’amaro, potrebbe avere un grande interesse. Un digestivo, piacevolmente amaro, che non influisca sul livello di alcol nel sangue, sarebbe certamente gradito.
Seedlip, leader in questo tipo di progetti, avendo all’attivo due idrolati aromatizzati, riconducibili nell’aroma ad un gin, ha lanciato il Nogroni, un mix analcolico in due dosi che vorrebbe ricordare, nel gusto, il grande classico italiano.
Cocktail pronti
Se gli analcolici sembrano ancora lontani dall’affermarsi completamente in Italia, la moda dei cocktail pronti sembra invece inarrestabile. L’impossibilità di uscire e consumare i propri cocktail preferiti al bar ha spinto alcune realtà ad organizzarsi con il delivery, poi sfociato nell’idea commerciale. Il barman è quindi diventato imbottigliatore dei suoi cavalli di battaglia.
In realtà, alcuni interpreti c’erano già prima del covid, come Mr Bubbles e Nio, ma tutti avevano scelto la via delle ricette classiche. Anche in tempi recenti, Carpano aveva lanciato il Milano Torino ed il Negroni in bottiglia, forte anche della possibilità di produrli in maniera autarchica avendo recentemente lanciato il bitter.
La linea Del Professore ha messo sul mercato le ricette originali dei cocktail con tanto di data, ad esempio Martinez 1887 e Negroni 1919, dando un tocco di legno alle miscele che sono passate in botte. Tuttavia, nel breve qualcosa dovrebbe cambiare. All’estero, il progetto più interessante sembra quello della Canned Cocktail Company, che propone dei twist on classic, molto originali, che potranno ispirare chef e barman per una loro idea di gusto su base classica.
Si tratta di un panorama quanto mai interessante.
Di sicuro il mondo del bar, abituato a lottare per soddisfare le esigenze di un consumatore sempre più attento, è riuscito in tempi tutto sommato veloci a dare delle risposte e a metterle in atto.
Non ci resta che aspettare. Come direbbe un grande distillatore di grappa del passato, “e adesso, al tempo”.
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