Quando si scrive di distillazione, spesso si usano termini tecnici di cui non si conosce a fondo il significato. Pertanto conviene fare un po’ di chiarezza, soprattutto leggendo i disciplinari europei che sono stati recentemente modificati in alcuni parametri. Iniziamo con tre parole che ricorrono molto spesso: acquavite, distillato e alcol anidro.
Una delle principali note di disambiguazione è proprio la differenza fra acquavite e distillato, due termini che spesso generano confusione nel lettore.
Acquavite e distillato
Contrariamente a quanto alcuni pensano, l’acquavite non è un prodotto ottenuto distillando esclusivamente vino ma ogni altra materia prima. Il Whiskey Single Malt è infatti un’acquavite di orzo, ed il Calvados di mele e pere. Si cade in inganno per via della composizione della parola, che contiene il sostantivo “vite” che ricorda quasi naturalmente il fermentato d’uva. In realtà questa parola è l’italianizzazione del latino volgare “aqua vitae” di alchemica memoria, ossia “acqua di vita”, una delle prime definizioni date all’alcol. Il nome deriva dal fatto che restituiva colorito e vitalità ad infermi e malati.
Passiamo quindi ad una seconda disamina. Il termine acquavite è spesso usato nei testi o durante i seminari come sinonimo di distillato, mentre riferendoci ai disciplinari europei con distillato ed acquavite si intendono due cose molto diverse. Ovviamente nel parlato è un errore ammissibile, ma non lo è nei testi tecnici.
Il malinteso nasce dal fatto che l’acquavite viene distillata in alambicco, ma in questo caso si definisce l’azione che la crea e non il sostantivo.
Per chiarire definitivamente le cose, leggiamo una parte del disciplinare del Brandy italiano o europeo, in cui il legislatore distingue nettamente le due cose.
Con acquavite di vino si definisce un prodotto la cui gradazione massima deve essere inferiore agli 86 gradi, mentre per il distillato di vino si parte da questa soglia e si arriva a 94,8. Oltre questa gradazione troviamo a 96,4 l’alcol etilico di origine agricola, l’ultima classificazione di purezza nel disciplinare delle bevande spiritose.
In pratica è una questione di concentrazione di alcol e relativi profumi. Ad esempio, l'acquavite di vino deve avere almeno 125 grammi di sostanze volatili per ettolitro di alcol anidro, quella di mele e pere 200 grammi. In pratica più si alza il grado e minori sono le “impurità”, vale a dire le note aromatiche. La vodka, ottenuta diluendo alcol etilico di origine agricola con acqua, potendo contare solo su un misero 3,6 per cento di altre sostanze (pari a circa 20 grammi di sostanze volatili) notoriamente non fa dei profumi primari della materia prima la sua arma principale. Anzi, il disciplinare ribadisce che questa non debba essere riconoscibile al naso, mentre lo deve essere nel distillato ed ancora di più nell’acquavite.
Pertanto, volendo essere precisi quando si parla di cognac, armagnac e brandy, bisognerà distinguere nettamente le cose. Spesso infatti si dice che il brandy è semplicemente un’acquavite di vino prodotta al di fuori della regione della Charente o dell’Aquitania. Invece leggendo i disciplinari sono due cose diverse: per i primi due si deve parlare di acquavite di vino, mentre il terzo è una miscela dove è ammesso anche il distillato di vino nella misura massima del 50%. La gradazione massima consentita in distillazione per i due alfieri della scuola francese è di massimo 72,4 gradi.
Per la foto si ringraziano le Distillerie Bonollo di Torrita di Siena
Alcol Anidro
Sempre riferendoci ai disciplinari, si legge che l’alcol anidro è l’alcol assoluto, ovvero a 100 gradi, in pratica non contiene acqua. Non esiste in natura, la gradazione massima per i prodotti liquoristici che si può raggiungere con le colonne più evolute è di 96,4 mentre negli alcol ad uso industriale si possono toccare anche i 99. Ma per farlo si deve “ingannare” la colonna immettendo una sostanza igroscopica che possa catturare l’acqua. La natura infatti crea un fenomeno detto azeotropia, che fa sì che ad un certo punto di concentrazione la miscela acqua ed alcol sia inseparabile, evaporando alla medesima temperatura. Giova a questo punto ricordare che l’alcol etilico bolle e quindi evapora a 78 gradi e l’acqua a 100, quindi questo fenomeno fisico risulta quasi inspiegabile (quanto meno rimanendo nell’ambito della lettura amatoriale) ma, di fatto, esiste. La creazione di un alcol assoluto alimentare è priva di senso, poiché per rendere edibile l’alcol a quelle gradazioni bisogna comunque poi aggiungerci dell’acqua quindi tanto vale toglierla.
Per la legge l’alcol anidro è utilissimo. Infatti è una convenzione utilizzata per pagare più facilmente le tasse calcolando il grado finale del prodotto. Il corrispettivo dovuto allo Stato è di 10,35 euro per litro di alcol anidro, pertanto per un gin a 43 gradi la tassa è di 4,527 euro. Risulta quindi anche molto facile andare a fissare i parametri di qualità come le sostanze volatili e la quantità massima di alcol metilico consentito nelle acquaviti e distillati. Analizzando una grappa, sapendo che la quantità massima di metanolo è di 1000 grammi per ettolitro alcol anidro, sapremo immediatamente se questa potrà essere immessa al consumo o dovrà essere considerata per la produzione di alcol denaturato.
A livello di curiosità, un’azienda polacca ha messo in vendita la vodka più forte del mondo, la Spyritus, a 96 gradi. Una trovata di marketing interessante poiché, non essendoci un limite nel disciplinare della vodka (ad esempio la grappa può essere venduta al massimo a 60 gradi), hanno semplicemente imbottigliato quello che noi al supermercato chiamiamo alcol buongusto per produrre in casa il nostro limoncello.
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