Sono passati quattro anni dall’ultimo articolo sul gin a mia firma pubblicato su questo blog, dove si svelavano gli ultimi ritrovamenti riguardanti la storia del distillato al ginepro e si faceva un punto della situazione sulla produzione italica.
Questo lasso di tempo è pertanto sufficientemente lungo per fare un nuovo punto della situazione senza doversi ripetere.
Sul lato storico sembra che, tranne qualche sbadato scrittore che si limita ancora ad una prima ricerca su Wikipedia, il mito di Franciscus Sylvius de la Boe sia definitivamente tramontato per fare posto al naturalista Jacob Von Maerland ed al suo decotto di ginepro.
La simpatica storiella degli olandesi con la gotta è stata sostituita da prove ben più consistenti legate all’Università medioevale di Salerno ed alla nostra alchimia, con tracce in altre parti d’Europa con in testa il tedesco Brunswick ed il suo cinquecentesco Liber de Ars Distillandi.
Ma non siamo qui per l’ennesima ricostruzione storica sulle origini del gin ma per comprendere come si sia evoluto il mercato sotto l’aspetto delle nuove proposte, ovviamente con un occhio di riguardo alla produzione nostrana.
Un mercato letteralmente esploso, qualcuno dice addirittura saturo, con centinaia di nuovi prodotti con un trend di lancio che non accenna a diminuire.
Cerchiamo quindi di capirne i perché.
Innanzi tutto il gin non necessita di invecchiamento, pertanto non crea capitale immobilizzato, e può essere prodotto con il metodo compound ovvero assemblando macerati ed alcolati prodotti da terzi, quindi senza l’acquisto di un costoso alambicco. Non è un mistero che molte giovani distillerie in attesa dei loro malti aprano il mercato al loro marchio con vodka e gin.
Infine il gin asseconda pienamente la nostra indole creativa e geniale.
E’ un dato di fatto che gli italiani siano tutti un po’ artisti, dotati di una grande fantasia che nei secoli ci ha aiutati a risollevarsi, in maniera egregia, da situazioni spesso difficili.
Le ricorrenti crisi hanno sviluppato l’arte dell’arrangiarsi, che qualcuno definisce furbizia che altri non è che l’intelligenza al servizio di uno scopo.
In questo caso, questa virtù è utile alla creazione di un nuovo gin, che non ha pari sul mercato, ovviamente stando sempre alle parole degli produttori.
Perché un altro dato di fatto inconfutabile è che gli italiani siano entusiasti per quanto concerne le inaugurazioni e lanci ma che poi pecchino sulla distanza, ovvero sulla costanza e sulla gestione del business alle prime difficoltà.
Ma non dobbiamo pensare alle decine di gin nati e poi scomparsi nel volgere di un Gin Day ma a quanto sta succedendo proprio adesso.
Sicuramente la Natura ci dà una mano e ci supporta nel darci sempre nuove idee: siamo il paese con il più alto indice di biodiversità d’Europa, probabilmente del mondo se si facesse una media per specie e chilometri quadrati.
Abbiamo centinaia di erbe aromatiche, frutti e vegetali unici, spesso protetti da indicazioni geografiche e presidi che possono essere usati per i più svariati prodotti.
Se amari e vermouth, gli altri due fiori all’occhiello della produzione italiana che si basano sui principi aromatici di erbe e spezie, danno vincoli a livello di ricette con disciplinar legati alla tradizione, il gin risulta essere libero da questi “preconcetti”.
Nessun italiano si sognerebbe mai di fare un amaro alle alghe o un vermouth alla banana mentre con un gin, esplorati i canoni classici si può dare veramente spazio alla fantasia, con il rischio però di essere fin troppo avanguardisti.
Come non ricordare il gin sudafricano con i semi di amarula raccolti dagli escrementi degli elefanti sulla moda del caffè KopiLuvako l’aromatizzazione con acido formico ottenuto facendo “arrabbiare” un intero esercito di formiche rosse.
In Italia seppur fantasiosi nelle nostre scelte rimaniamo all’interno dei canoni del buon senso creando gin aromatizzati alla colatura di acciughe, eccellenza della costiera amalfitana o con il gorgonzola, fino al pesto siciliano con pistacchio e pomodoro secco.
Le nuove tecnologie, primo fra tutti il rotavapor, ed un disciplinare europeo piuttosto permissivo sul concetto di “profumo e gusto di ginepro predominante e nettamente percettibile” hanno reso possibile l’uso di aromatizzanti prima impensabili.
Immaginate cosa potrebbe succedere se si mettessero acciughe, pomodori o gorgonzola in un alambicco tradizionale dove le temperature raggiunte superano i 100 gradi centigradi.
Le note aromatiche risulterebbero sicuramente compromesse creando zuppe di pesce o fondute sicuramente ottime in un piatto ma poco eleganti al bicchiere.
Tornando ai prodotti più tradizionali le possibilità seppur più scontate sono infinite: cosa può regalare un paese lungo milleduecento chilometri, largo cinquecentotrenta dalla cui moltiplicazione se ne ottengono ottomila e trecento di costa, chiuse a nord dalla catena montuosa più alta d’Europa?
Agrumi di ogni qualità e specie, erbe aromatiche provenienti della macchia mediterranea e dai prati montani stabili ed una radice di liquirizia calabrese che il mondo ci invidia.
Una ricchezza, quella legata al nostro mare, che viene sfruttata a pieno da tutti i gin del lotto di degustazione. In primis il pugliese Muma, che utilizza anche la sua acqua per creare un gusto sapido e dalla chiusura leggermente amaricante, a seguire il Mediterraneo che fin a partire dal nome ci indica quali siano state le sue scelte circa i principi aromatizzanti da utilizzare.
Infine il Falterona che usa il ginepro dell’Appennino tosco-romagnolo il cui segreto è sicuramente il vento di mare che soffia di notte creando lo sbalzo di temperatura utile alla formazione dei precursori aromatici.
A tal proposito giova ricordare un altro scritto storico ed alcuni dati di fatto.
L’Italia ha sicuramente un primato qualitativo di questa bacca se è vero che già Mattioli, illustre medico e botanico, scrisse nel 1544 che il migliore ginepro era quello senese.
Ancora oggi la bacca toscana da Siena ai monti Casentini in provincia di Arezzo ha grandi estimatori ed i produttori inglesi vantano contratti praticamente secolari per poterselo accaparrare.
Pertanto ci troviamo di fronte ad un trittico di indubbio valore, degno rappresentante dell’ultima generazione di gin italiani ispirati dal territorio e dalla passione dei giovani produttori.
Non resta che provarli in un Martini classico o in un G&T perché è proprio con questa bevanda sodata e pertanto con la sua diluizione che si possono apprezzare al meglio le sfumature stilistiche di un gin.
Muma
Al naso si riconoscono nettamente le note del ginepro che viene immediatamente esaltato dal sottofondo agrumato composto da scorze di limone ed arancio.
Lasciandolo riposare emergono poi le note floreali della camomilla.
All’assaggio ottima corrispondenza olfattiva, pienezza di sorso grazie all’iris ed all’acqua di mare il cui sale è un esaltatore di gusto. Finale lungo leggermente amaricante.
Sicuramente molto interessante in miscelazione per un classico Martini grazie alla nota sapida che ben accompagna le olive in salamoia o in un fresco abbinamento con una tonica di ispirazione mediterranea.
Mediterraneo
Il gin, distillato a Londra, mantiene gli ingredienti canonici di questa scuola che abbina alle bacche di ginepro le radici di angelica e i semi di coriandolo, spesso gli unici attori dei London Dry più tradizionali.
Qui le troviamo arricchite di altre note aromatiche raccolte lungo le sponde del Mare Nostrum, fra cui spicca sicuramente la lavanda provenzale e la scorza di arancio.
All’assaggio è fresco grazie alla presenza del cardamomo mentre il finale è caratterizzato dalla nota dolce della radice di liquirizia.
Ottimo in un fresco Gin Tonic in abbinamento con una tonica mediamente dolce dal tono agrumato e floreale. La decorazione dovrebbe essere una piccola scorza di limone per non coprire eccessivamente il carattere naturale del gin già di per sé ricco fragranze agrumate.
Falterona
Questo gin rispecchia pienamente il disciplinare europeo che afferma che questo distillato possa essere fatto esclusivamente con bacche di ginepro il cui profumo e aroma deve essere nettamente percettibile.
Falterona è un gin senza fronzoli e richiami ai botanicals gin di ultima generazione che fa del ginepro di altura il suo fermo caposaldo.
Fresco e balsamico non si hanno ulteriori riconoscimenti evidenti, infatti le altre piante come la malva ed il biancospino presenti nella ricetta fungono da semplici ma efficienti coadiuvanti dell’attore principale.
La mancanza di una nota agrumata evidente farebbe preferire una tonica dalle spiccate fragranze di scorza di limone, mentre nel Martini si avrebbe un classico super secco, sicuramente gradito ai cultori di questo cocktail.
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