I mondiali di drinKing: Europa (prima parte)

di Fulvio Piccinino


Il mondiale di Russia 2018 è terminato e ha sancito il trionfo della Francia per la seconda volta nella sua storia.

Purtroppo il sogno dell'Italia di prendere parte a questa competizione si è interrotto il 13 novembre, al termine dello spareggio con la Svezia, ma nonostante questo il mondiale ha riservato grandi emozioni e non sono mancate le sorprese.

Analizziamo insieme le 32 nazionali che hanno riempito la nostra estate e facciamolo in perfetto stile drinKing: scoprendo le loro bevande Nazionali!

 

1. Belgio - Lambic

 

Le lambic sono le birre a fermentazioni spontanea tipiche del Belgio.
La produzione segue le regole della fermentazione delle birre classiche ma i lieviti sono selvaggi e si trovano naturalmente nell’aria. La produzione avveniva solitamente in inverno, poiché il clima freddo preservava da fermentazioni indesiderate. Dopo la maltazione l’orzo veniva sfarinato e bollito lungamente. Il mosto veniva poi versato in enormi vasche poste nei sottotetti delle case. Il lento raffreddamento e la presenza di finestre permetteva il passaggio dell’aria carica di lieviti. La fermentazione è molto lenta e dura alcune settimane, e spesso crea qualche traccia acetica, che si riflette sul, carattere tradizionale di queste birre.
La luppolazione era solitamente fatta alla fine della fermentazione, il cosiddetto “dry hopping” con inflorescenze lasciate “ad invecchiare” per alcuni anni nei magazzini.
Le birre erano poi poste in barile per un periodo di elevazione che ne aumentava la complessità.
Le birre sono caratterizzate da una spiccata acidità, leggeri spunti acetici, ed hanno profumi di crosta di formaggio e di pan brioche. Spesso, per rendere più piacevole la beva erano, e sono tuttora aromatizzate con ciliegie, le Kriek o con pesche, le Pecheresse. Soprattutto quest’ultima risulta piacevolmente ruffiana al palato.

 

2. Croazia - Sljivovica

 

Con questo termine si intende il distillato ottenuto dalla fermentazione di una particolare specie di prugne violacee tonde il cui biotipo è presente anche in Italia.
Dolci e dotate di buona acidità le prugne sono raccolte a perfetta maturazione, vengono poi lavate e tagliate per eliminare le parti ammuffite e, in alcune scuole di pensiero, il nocciolo.
Anche qui ognuno vanta la sua ricetta, alcuni preferiscono anche eliminare la pruina (la patina bianca della buccia), che contiene lievito selvaggio e che potrebbe dare fermentazioni indesiderate, con un lavaggio a base di solfiti, gli stessi usati per il vino.
Una volta ridotte in succo, la maggioranza ormai preferisce lieviti enologici selezionati che danno anche maggiori profumi secondari.
La fermentazione si protrae per alcuni giorni e la distillazione deve avvenire appena questa termina per evitare lo sviluppo di batteri acetici.
Anche qui taluni preferiscono filtrare ed eliminare sommariamente la polpa prima della distillazione, per evitare che si possa attaccare sul fondo dell’alambicco e dare vita a sentori di “cotto”.
Il risultato viene quasi sempre bevuto senza invecchiamento, o dopo una breve sosta in botte, che però se eccessiva, arrotonda troppo i suadenti profumi della materia prima.

 

3. Danimarca - Gammel Dansk

 

Questo liquore fortemente amaro appartiene alla tradizione danese dei bitter, anche se la sua creazione è piuttosto giovane e risale al 1964, quando fu creato per competere sul mercato interno con un prodotto autoctono. L’italiano Fernet Branca e il tedesco Underberg detenevano il mercato e il master blender danese JK Asmund della Danish Distillers decise che fosse tempo per riscoprire la storia del bitter locale.
La ricetta è moderna ma sa di antico, con chiodi di garofano, anice ed aloe del capo a dare note aromatiche ed amare, bilanciate da pochissimo zucchero.
A completare il profilo aromatico ci sono altre 26 piante, e si possono individuare genziana, angelica, la nota piccante dello zenzero e noce moscata.
Il consumo del Gammel Dansk, forte di un sentimento nazionale, detiene ora i due terzi del mercato nazionale, e si verifica nell'arco dell'intera giornata, come suggerisce l’etichetta.
Al mattino per digerire le robuste colazioni danesi a base di pasticcio di fegato e filetti di pesce affumicato, mentre a pranzo, considerando che è poco più di uno spuntino a queste latitudini e che si cena molto presto, l’amaro viene consigliato dopo la giornata di lavoro come aperitivo o forse meglio, come meditazione della sera.

 

4. Francia - Armagnac

 

L’Armagnac è un distillato di vino prodotto in Francia protetto da una denominazione di origine controllata che ne stabilisce le materie prime, il metodo produttivo, l’area produttiva e gli invecchiamenti. La zona corrisponde al sud ovest della Francia, l’Aquitania, a ridosso dei Pirenei. Per la produzione si possono usare solo vitigni bianchi di cui il principale è il Ugni Blanc insieme a Baco, Colombard e Folle Blanche. Se l’Ugni Blanc è di fatto il Trebbiano portato in Francia dopo il devasto della fillossera a fine Ottocento, il Baco è un vitigno utilizzato esclusivamente per la distillazione, infatti non gode di nessuna produzione come vino da mensa, mentre gli ultimi due sono i vitigni storici utilizzati di cui però rimane solo un 4% della superficie vitata.
La distillazione del vino deve essere molto veloce in quanto sono vietate aggiunte di solfiti per evitare fermentazioni acetiche.
L’alambicco usato può essere solo l’Armagnacais, che ha una caldaia di piccola capienza ed una corta colonna di rettifica al di sopra di essa.
Per l’invecchiamento si utilizzano esclusivamente le Piece Armagnacais che sono botti fabbricate con il legno della quercia locale, la cui capienza è 420 litri. Per differenziarsi ulteriormente dai cugini di Cognac le produzioni tradizionali di armagnac riportano in etichetta l’anno della vendemmia e non gli invecchiamenti totali o sigle, come Vs o Vsop ed Xo per indicare il blend. Queste ultime sono utilizzate solo da qualche produttore in caso di esportazioni in paesi dove la cultura del prodotto non sia elevata, per favorire una migliore comprensione del prodotto, sfruttando la fama del cognac.
Ponendo la data non si dà importanza all’invecchiamento, che deve essere minimo due anni, ma alla lettura dell’annata, come accade nei vini.
L’area di produzione più pregiata è il Bas Armagnac, segue Teneraze ed infine l’Haut Armagnac.
Questa suddivisione è figlia di un processo di mappatura del terreno e verifica della sua composizione, ed è basata sul concetto che la presenza di sabbia sia la miglior caratteristica per i vini bianchi.

 

5. Germania - Steinhäger

 

La storia di questo prodotto inizia nel 1688 quando Federico Guglielmo di Brandeburgo concesse alla città di Steinhagen la licenza di produrre questo distillato, il cui sapore ricorda molto da vicino quello del jenever.
La città si trova nella Westfalia, la regione confinante con Belgio e Paesi Bassi, quest’ultima patria del distillato di cereali aromatizzato con ginepro ed altre piante aromatiche.
Lo steinhäger ha il medesimo ciclo produttivo con l’aromatizzazione di un alcol base, ottenuto da un fermentato base composto da cereali, il cui mix varia da ricetta a ricetta, con segale ed orzo.
La principale pianta aromatizzante è il ginepro e piccole quantità di altre erbe che risultano poco percettibili al naso.
Nella regione sorgevano ben 20 distillerie ed a oggi ne sopravvivono solamente due, i cui prodotti sono coperti da una denominazione di origine europea.
Il prodotto viene commercializzato nella tradizionale bottiglia di ceramica e il suo consumo è quasi sempre abbinato alla birra, che viene bevuta dopo aver trangugiato velocemente un piccolo bicchiere con questo distillato.

 

6. Inghilterra - Mead

 

Il mead è l’idromele prodotto in Inghilterra, la cui tradizione risulta essere millenaria.
Storicamente veniva prodotto nei monasteri, i quali dovevano ovviare alla carenza di uva e per questo destinavano il poco vino allla liturgia dell’eucarestia. La birra e l’idromele erano invece le bevande comuni. Spesso associato alla poesia, musa ispiratrice di cantori e menestrelli in epoca medioevale e rinascimentale, il Mead trova molte citazioni nella letteratura, come nel Beowulf, un poema in inglese antico datato presumibilmente nell’anno Mille.
La produzione fu probabilmente introdotta dagli Antichi Romani, i quali l’appresero dai Greci, cultori di questa materia prima e del suo fermentato. Ricercando le radici di questo prodotto queste potrebbero essere addirittura in Cina, portato nel bacino del Mediterraneo dai commerci con gli Arabi.
L’idromele è un prodotto di facile realizzazione a patto di avere un’ottima materia prima, ed ovvia alla mancanza, dovuta al clima, dell’uva e dalla difficoltà della maltazione dei cereali.
Con la nascita dell’agricoltura stanziale l’apicoltura, seppur primordiale, divenne una pratica comune, anche per via della grande conservabilità del miele, rispetto all’uva o ai cereali, che rendeva possibile la sua produzione praticamente tutto l’anno. Il clima inglese infatti mancando di un vero periodo caldo non aveva ripercussioni sulla fermentazione.
Lo zucchero è contenuto in grande quantità nel miele ed è sufficiente diluirlo con acqua, solitamente in una proporzione di 1:3 o 1:4, per avviare la fermentazione. I mieli più usati sono solitamente il millefiori e il castagno. In passato si utilizzavano lieviti selvaggi naturalmente presenti nell’aria, mentre oggi, anche per via dell’inquinamento si usano selezioni particolari, e sempre più spesso di origine enologica, che assicurano ottimi profumi.
Oggi il Mead è un prodotto di nicchia, insidiato da vino e birra, e conta alcune declinazioni di gusto con ribes, mirtilli e lamponi.

 

7. Islanda - Brennvin

 

Il Brennvin la cui etimologia si rifà al branvijn di origine olandese (vino bruciato), è il distillato ottenuto con patate o cereali tipico dell’Islanda.
Il metodo produttivo di quest’ultimo è molto simile al whisky o se vogliamo al jenever, con la differenza che il brennvin è aromatizzato con semi di cumino, non potendo disporre, almeno nella produzione tradizionale, di ginepro, per evidenti problemi climatici. Solitamente il cereale era la segale che riesce a crescere anche a queste latitudini.
Il brennvin con le patate, gli unici vegetali amidacei che si adattano bene anche a questi climi, dà un risultato meno fine, con forti sentori di materia prima, meno piacevoli rispetto alla segale.
Gli alambicchi, almeno per la produzione casalinga, erano sempre discontinui, mentre oggi si hanno più efficienti colonne. Il prodotto non ha mai invecchiamento.
Per i drammatici problemi di alcolismo la produzione famigliare è severamente vietata e punita, mentre il più antico produttore è la Olgerdin, fondata nel 1913.

 

Vedi anche:

I Mondiali di drinKing: Europa (seconda parte)

I Mondiali di drinKing: America 

I Mondiali di drinKing: Africa

I Mondiali di drinKing: Asia e Australia

 

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