Bar Convent Berlin 2019

di Fulvio Piccinino


Berlino rimane la Fiera per eccellenza.

Se le prime edizioni, ricordiamo la prima nel 2007, erano caratterizzate dalla voglia di fare festa della industry, le ultime, grazie anche ad un aumento considerevole del biglietto ed il maggior focus sugli operatori, sono diventate il punto esatto da cui partire per una nuova azienda.

Quest’anno oltre cento di queste hanno deciso di presentarsi a questa manifestazione, mentre gli espositori, provenienti da ottanta paesi erano quattrocento e quaranta. E non hanno sbagliato perché qui si danno appuntamento distributori e importatori di ogni paese del mondo.

Se come aziende non ci sono paragoni con altre manifestazioni, a livello di visitatori, complice anche una certa gioventù del settore bar di quel paese, pertanto assetato di novità e formazione, solo il Barometer di Kiev, insidia da vicino il Convent.

Per il Convent i dati ufficiali parlano di 15.162 mila visitatori, in crescita di mille unità sull’anno precedente, mentre poco sotto si piazza la manifestazione ucraina che stacca tutti gli altri bar show europei di parecchie migliaia di presenze.

Berlino rimane il posto dove andare se si vogliono assaggiare liquori e distillati, ad esempio quelli di frutta di tradizione nord europea, che altrimenti sarebbe difficile poter provare, a patto di non essere alto atesini. Qui espongono aziende artigianali di piccole dimensioni, grazie anche ai corner tematici ben organizzati, che spesso mancano nelle manifestazioni italiane, per via del costo dello spazio. E’ vero che a loro sono riservate aree laterali ma se uno conosce il Convent sa dove scovare le chicche.

Quest’anno da segnalare il bellissimo stand corporativo della contea di Jalisco dove erano presenti raicilla e tequila di piccoli produttori e degli Stati Uniti che confermano il trend di crescita delle micro distillerie con ottimi bourbon e gin.

Il resto del Convent invece rimane abbastanza confuso.

Mancano le aree tematiche, se si esclude il caffè, pertanto se un visitatore è interessato ad aprire un bar messicano, libretto guida alla mano, dovrà fare un numero cospicuo di passi per assaggiare i produttori presenti sparsi su tutti i padiglioni.

Anche quest’anno, pare infatti che il prossimo si cambi in questo senso, vige la logica del più grosso, in quanto Bacardi, Campari, Jack Daniels hanno da sempre le medesime posizioni nel padiglione centrale. I piccoli o gli ultimi arrivati vengono alloggiati nelle sale satellite che si diramano da questo, o ai piani superiori, decisamente più scarichi di pubblico. Probabilmente un percorso lineare quasi obbligato fra i vari stand e aree dedicate, potrebbero giovare a tutti in quanto si avrebbe la sicurezza di essere ripagati dell’investimento, piccolo o grande che sia.

Veniamo adesso ai trend più evidenti.

Gin

Chi dà il gin spacciato ogni anno si rassegni. Guru del bar e grandi esperti che lamentano troppi marchi e una rapida morte del prodotto non hanno ancora una volta azzeccato il trend.

A conferma l’Atlas Bar attualmente all’ottavo posto nel ranking dei 50 best, con i suoi 1600 gin a disposizione dei clienti. Il gin è vivo, basta sfogliare il catalogo della fiera, per accorgersi che con le sue quattro pagine e mezza di espositori sia di gran lunga il prodotto più presente.

E qui si rassegnino anche i puristi, ormai fragola e rabarbaro sono gin all’ordine del giorno, anzi il primo è fra i più venduti al mondo come dimostrano i numeri delle recenti classifiche ed il magnifico e visitatissimo stand di Puertos de Indias. Ma non mancano le aromatizzazioni originali, forse estreme, come le cinque alghe di mare dell’irlandese An Dulaman, ed il tartufo dell’italiano Wolfrest.

Infine un dato di fatto. I giapponesi, dopo aver imposto la loro scuola metodica sul whisky, aver approcciato con successo il rum, hanno attaccato, è il caso di dire, il mercato del gin con un numero importante di prodotti.

Questi sono estremamente puliti, freschi eseguiti perfettamente, con etichette di design e bottiglie ricercate che faranno impazzire gli amanti del paese del Sol Levante, con aromatizzazioni centrate, anche se non del tutto originali come fragranze, una su tutte lo juzu, l’agrume a metà fra il lime ed il limone. I produttori europei sono avvisati.

 

Rum

Quest’anno il paese ospite era Mauritius, pertanto di riflesso una cartolina sul rum.

Prodotti eccellenti, a metà fra scuola francese ed spagnoli, non ancora del tutto affermati ma con ottime prospettive, complice anche un territorio dal fascino indiscusso capace di far sognare il consumatore.

A carattere generale invece il rum non è sembrato attirare, escluso i grandi produttori, presenti con stand e trovate di marketing, l’attenzione dei visitatori meno attenti. Ma i veri appassionati hanno invece trovato alcune chicche molto interessanti grazie ad un numero interessante di produttori presenti.

 

Tequila e Mezcal

Ogni anno si dice che sia l’anno di questi prodotti salvo poi essere smentiti.

Tequila e Mezcal hanno schiere di affezionati consumatori ma non riescono a sfondare in massa, complice anche un gusto piuttosto intenso, adatto a palati maturi ed esperti.

Meglio così. Gli artigiani rimangono tali e non vengono tentati dai facili volumi permettendoci di assaggiare veri capolavori di complessità, spesso con qualche errore di distillazione (a mio parere) che qui diventa un pregio, grazie alla loro capacità di argomentazione. Alcuni produttori addirittura imbottigliano le teste del mezcal e le vendono alla grande. Beati loro.

 

Whiskey e whisky

Continua la marcia trionfale del whiskey irlandese capace di risorgere dalle sue ceneri di torba.

Alcune contaminazioni scozzesi, e un ritorno alla tradizione, questo il mix perfetto che ha fatto ritornare sul mercato in whiskey di Dublino, capace, in passato, di egemonizzare e catturare l’attenzione anche dei cugini scozzesi.

Decine di nuove distillerie si affacciano sul mercato complice un’ascesa a doppia cifra sul mercato americano tornato ad essere ricettivo su questi malti. Gli scozzesi viaggiano tranquilli sicuri del loro prodotto, in fin dei conti sono stati capaci di resistere alla tempesta giapponese, anche se non mancano i rivoluzionari che vorrebbero un disciplinare che permettesse maggiore liberta sul wood finish, in grado di dare nuove leve di marketing ad un prodotto molto tradizionale.

Infine gli americani. Lo scorso anno avevo detto che, complice l’apertura di molti bourbon corner in Inghilterra, forse avrebbe potuto essere l’anno del distillato americano anche in Italia. Sicuramente un trend positivo che però non viene influenzato dall’entusiasmo europeo su questo prodotto.

 

Vodka

Sempre presente, la tanto vituperata vodka, ha resistito all’ondata speakeasy e continua a macinare volumi e consensi da parte della pancia del mercato che vuole divertirsi e bere senza troppe complessità.

Pack incredibili, ottimo caviale e belle ragazze il segreto dei molti stand presenti. Le vecchie ricette funzionano sempre.

 

Coffee Mixology, fermentati e sodati

Ancora una piccola parentesi analcolica o quasi. Una delle cose più evidenti è l’espansione della cultura del caffè e della sua miscelazione. Aumentano in maniera sensibile i liquori al caffè, tutti molto ben eseguiti, anche se la nostra scuola rimane, a mio giudizio, insuperata.

Quest’anno gli stand su questo prodotto erano molti, ben organizzati ed entusiasti. Ormai il cold brewing impazza e, come visto per il mondo degli alcolici, estrattori e nuove macchine attirano l’attenzione anche se un buon espresso rimane sempre la cosa più difficile da fare.

Kombucha, kefir, arack, tepache ed altri fermentati ormai sono diventati di casa a Berlino cosi come i sodati, ed entrambi marciano ancora veloce forti del trend del low alcol.

Ancora una volta, guardando il catalogo ci si accorge che il numero di toniche è quasi pari a quello dei marchi di vodka presenti. Durerà l’ondata salutista? Di sicuro verrà declinata, si parla di almeno una decina di amari analcolici pronti all’uscita, di vermouth e bitter analcolici e di un Negroni in bottiglia monodose.

 

Baijiu

Forse il prodotto più curioso. Il Baijiu cinese, un distillato di sorgo, cerca ogni anno, con nuovi produttori, di allargare il magro mercato europeo.

Un profumo ed un gusto troppo particolare con sentori netti di acetone, precludono la conquista del mondo, a dispetto di una grande considerazione in patria. Il metodo produttivo è particolare con una fermentazione praticamente a secco del cereale ed una distillazione a vapore in alambicco discontinuo. Nonostante questo affascinante metodo secolare il distillato è troppo lontano dai nostri standard di gusto per avere un riscontro globale.

 

Gli italiani

Come sempre gli italiani sono presenti in maniera massiccia a Berlino. Non tanto come visitatori, quest’anno nettamente in calo, forse per via che il Bar Show di Roma ha placato la sete, in tutti i sensi, della industry italiana.

A livello di aziende invece la presenza è sempre di livello con le grandi distillerie storiche dalla grappa al vermouth, con quest’ultimo in grande spolvero con uno stand dell’Istituto del Vermouth di Torino dove era possibile assaggiare oltre 20 prodotti di eccellenza della neonata denominazione.

Infine due novità da segnalare, il cui lancio ufficiale internazionale è avvenuto proprio a Berlino: Engine un gin biologico a aromatizzato con salvia e limone il cui pack è una lattina di metallo che ricorda quelle dell’olio motore, da cui il nome. La seconda i liquori di Doragrossa, una giovane azienda che si ripromette di riportare in auge la liquoristica storica italiana e piemontese, con il Rosolio di Torino, un best seller dell’Ottocento, un amaro classico, un rabarbaro menta ed una menta di Pancalieri in purezza.

In conclusione il Convent si conferma il bar show più completo ed interessante, una vera kermesse unica e difficilmente eguagliabile nel medio termine.

Venendo meno al motto che squadra che vince non si cambia il prossimo anno gli organizzatori promettono grandi novità ed una nuova disposizione tematica. Qualcosa trapela.

Il Convent potrebbe essere suddiviso in aree dedicate a città, regioni o stati noti per la loro produzione di distillati e liquori, pertanto l’appassionato di un determinato stile produttivo potrà approfondire l’argomento in maniera più semplice. Che i tedeschi ci abbiano copiato l’idea che da sempre è la firma del Vinitaly?






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