American Whiskey

di Fulvio Piccinino


Il Bourbon Whiskey è il distillato che dal 1964 gode della definizione “prodotto distintivo degli Stati Uniti”e, come tale, può essere distillato in tutti gli stati appartenenti alla confederazione.

Ma, per ragioni storiche, solamente tre hanno il diritto di fregiarsi dell’indicazione di origine.

Infatti, nonostante il fatto che la sua tradizione produttiva affondi le radici nella cultura europea delle acquaviti da cereali, non possiamo certo affermare che il bourbon sia un clone di questa scuola, come accaduto in passato per il whisky giapponese.

Molti produttori hanno origini irlandesi e scozzesi: si pensi a Bill Samuel, fondatore della Maker Mark di Loretto, che viste le sue origini chiese ed ottennedi poter utilizzare la parola whisky senza la “e” che distingue il distillato americano ed irlandese.

Le differenze organolettichesono infatti molte, dettate soprattutto dalla materia primae dall’invecchiamento che ha parametri e materiali molto diversi dal Vecchio Continente.Differenze sostanziali che si possono spiegare solo con un minimo di racconto storico.

 

Storia

I primi coloni che sbarcarono sul suolo americano in cerca di fortuna non avevano certo il tempo e lo spazio per gli alambicchi sui loro carri, pertanto nessuno pensò alla distillazione in loco di un’acquavite. Se osserviamo le rare foto dell’epoca possiamo notare come le bottiglie di alcolico fossero unicamente di scuola europea, soprattutto di jenever, la cui bottiglia tradizionale è piuttosto riconoscibile.

La diffusione del distillato aromatizzato al ginepro si riconduce al suo basso costo e all’influenza olandese. Non dimentichiamoci infatti che New York venne fondata agli inizi del Seicento con il nome di Nuova Amsterdam, divenendo la principale via di accesso al suolo americano.

In pratica i commerci erano in mano agli Orange, e loro non fecero nient’altro che sfruttare la somiglianza organolettica del loro jenever con il whisky giovane.

Le prime distillerie americane furono fondate solamente quando si crearono i primi insediamenti e la corsa verso il selvaggio west ebbe fine. Nacquero le città, le case divennero confortevoli e fu necessario creare prodotti di benvenuto che non avessero solamente più una funzione medicinale e corroborante.

Il whiskey si prestava benissimo per il confezionamento dei primi cocktail in abbinamento con la menta, i punch oi sour, che potevano essere serviti ai propri ospiti.

Le prime tracce della distillazione del whisky sono nel Maryland, Pennsylvania e Virginia, luoghi dove l’orzo fatica a crescere, pertanto si optò per la segale, un cereale resistente al freddo, ed il mais.

Quest’ultimo era il cereale tipico di questo continente, coltivato insieme a zucche e fagioli dai nativi americani ed alla base della loro dieta, ricco di amidi che l’expertise europea sapeva come convertire in zuccheri.

Questo cereale era perfetto, insieme alla segale, per creare il fermentato atto a diventare whiskey, dove l’orzo era presente con una minima percentuale in virtù dei suoi enzimi in grado di attuare la maltasi.

A tal proposito gli olandesi, grandi commercianti, trovarono il modo di commercializzarli in appositi contenitori, evitando così ai distillatori di doversi procurare il cereale talquale.

Ancora oggi il disciplinare americano non vincola la sua presenza nel mash, ovvero il mosto base da avviare, una volta fermentato, agli alambicchi.

Torniamo alla storia.

Nel 1791, il governo della Pennsylvania ebbe un rigurgito puritano, e decise di regolamentare la produzione degli alcolici. Questo stato era infatti divenuto il fulcro produttivo, grazie alla sua posizione centrale rispetto ai 13 stati originari della Confederazione, ed in molti pensavano che questo portasse, per via degli interessi in gioco, un certo abbassamento della morale della vita sociale.

La strada per morigerare la situazione fu, anche per rimpinguare le casse, quella della tassazione che ebbe l’effetto di portare, nel 1794, alla rivolta dei distillatori.

L’arrivo dell’esercito spense anche le menti più facinorose ed i 500 ribelli riposero le armi senza spargimenti di sangue, ma ebbe la conseguenza di una massiccia migrazione verso il Kentucky che nel frattempo era diventato il quindicesimo stato dell’Unione.

Questo stato era ricco di acqua purissima ed aveva due fiumi navigabili, l’Ohio ed il Mississippi, e soprattutto quest’ultimo assicurava uno sbocco sul Golfo del Messico.

Nel 1840 il nome Bourbon, Borbone, il nome che assunse la contea del Kentucky in onore della famiglia reale francese, appariva sui barili che arrivavano sulla costa grazie ai battelli a vapore che solcavano i fiumi.

Successivamente, grazie al successo del prodotto, anche il confinante Tennessee iniziò a costruire le sue distillerie, dando vita ad uno stile proprio, in virtù del processo di filtrazione.

I produttori di questo stato infatti omettono la parola bourbon preferendo dare la sola indicazione regionale, così come i nuovi arrivati del Missouri, lo stato che nel 2020 ha ottenuto lo status di produttore con un suo disciplinare produttivo. La sua ammissione non è tanto dovuta a motivi storici quanto al fatto che il mais e la legna per le botti arrivano per la maggior parte da questo stato. Pertanto i distillatori di questo Stato, all’epoca circa una ventina, hanno deciso che fosse giunto il momento di richiedere lo status ufficiale di produttore.

 

Produzione

Per essere definito Bourbon il prodotto deve avere almeno il 51% di mais, il biotipo è il Yellow Dent, il biotipo che si caratterizza per la classica “ammaccatura” nella parte superiore del chicco.

Il resto della miscela può contenere parti variabili, oggetto di segreto produttivo, di segale, avena e orzo.

In tempi più recenti stanno prendendo piede anche versioni quasi in “purezza” di questi cereali.

Se la percentuale sale all’80% avremo il Corn Whiskey (mais), il Rye (segale), Oats (avena), mentre con il 100% di orzo si produce quella che sembra essere il new deal del whiskey a stelle e strisce, ovvero l’American Single Malt Whisky.

La fermentazione viene attivata con lieviti selezionati o con il sistema del sourmash, ossia con l’utilizzo di una parte di mosto precedentemente immesso nella partita in lavorazione. 

Per quanto concerne la distillazione, ci sono grosse novità rispetto alla scuola europea dove le acquaviti possono avere un grado massimo di 94,8 mentre in America la soglia si attesta ad 80.

Avremo quindi un prodotto con maggiori sostanze volatili e sentori più netti della materia prima, che nel caso del mais dà toni dolci e nella segale, mentolati.

Il disciplinare non menziona gli alambicchi da utilizzare, pertanto la scelta fra discontinuo, le cui forme ricordano da vicino quelle usate dagli scozzesi per i single malt, o le colonne ad alto grado tipiche dei grain whiskey, è assolutamente discrezionale. Il grado più basso impone ovviamente delle modifiche nel numero di piatti e nelle altezze ma il funzionamento è il medesimo.

Anche qui si assiste ad una suddivisione legata al concetto di premium e commerciale, dove viene data preferenza al primo o al secondo, anche se spesso si assiste, come nel caso del brandy, a miscele con percentuali variabili. Solitamente più cresce il valore del prodotto maggiore è la quantità di acquavite ottenuta da discontinuo.

Passiamo all’invecchiamento, che per disciplinare deve essere di minimo di sei mesi, che passa a due anni per la versione Straigh, la più rappresentativa.I produttori americani non ritengono necessario indicare gli anni di invecchiamento in etichetta poiché non ritengono che il periodo più o meno lungo possa essere una valenza qualitativa. In pratica quando il master blender ritiene il prodotto maturo lo imbottiglia ed il consumatore si deve fidare di quella scelta a prescindere da quanti anni è stato in botte.

Un aspetto molto importante è ricoperto dal legno delle bottiche, nella quasi totalità dei casi, è la quercia americana, la Quercus Alba. Questa si caratterizza, una volta tostata, per profumi di frutta secca, vaniglia e spezie dolci con toni decisamente più marcati rispetto ai biotipi francesi di Limousin e Troncais.

La tostatura americana risulta una caratteristica particolarmente pronunciata che, unita a magazzini di invecchiamento piuttosto caldi, fanno si che l’invecchiamento sia più breve che per la scuola europea che recita minimo 3 anni che passano, anche se non disciplinati, spesso ai 5 dei single malt.

Per avere un invecchiamento simile, 4 anni minimo, dobbiamo acquistare il Bottle in Bond ossia l’invecchiamento in dogana, dove è lo Stato a garantire il periodo di elevazione in botte.

Le warehouse sono completamente esterne e sono costruite con legno e lamiere ondulate, un’accoppiata micidiale se unita al sole degli stati del Midwest che porta a temperature decisamente elevate.
Ricordando quanto accade al vino di Madeira, il calore ha il potere di dilatare le fibre del legno favorendo l’estrazione dei principi aromatici.

Per questo motivo l’acquavite deve essere immessa ad un massimo di 62,5 gradi per evitare che la somma di tutti gli elementi determini un’aggressione troppo repentina delle doghe delle botti.

Terminato l’invecchiamento, si passa al blending delle partite ed allafiltrazione. Se nel Kentucky questa non ricopre particolare importanza e non viene disciplinata, nel Tennessee abbiamo il vero elemento di distinzione, ovvero il passaggio in carbone di acero. Ma per parlarne dobbiamo tornare un attimo indietro nel processo produttivo.

Questo processo noto come Lincoln County Process in realtà si effettua prima dell’invecchiamento.

La carbonella viene ottenuta con il medesimo metodo con cui si produce quella utilizzata per il barbecue.

Viene poi sbriciolata e posta in alti tini di acciaio dove viene fatta gocciolare l’acquavite prodotta, che la attraverserà eliminando le impurità. Molti, infatti, pensano che questo processo arricchisca il prodotto di profumi, in realtà privando il liquido di molti composti tipici delle frazioni di coda, ne rende più puliti ed individuabili altri che prima risultavano coperti.

 

Diciture di legge

Il metodo sourmash viene spesso indicato in etichetta, così come deve essere segnalato il cereale se questo supera l’80% della miscela.
La parola Straigh indica che non c’è stato allungamento con alcol neutro (a 96 gradi), mentre Uncut è un termine per indicare la mancata diluizione con acqua, ed equivale all’europeo CaskStrenght, Full Proof o Brut de fute.

Single Barrel indica che è stata imbottigliata una singola botte ritenuta eccezionale e non una miscela di partite di anni diversi.

Il bourbon rappresenta quindi un unicum nel panorama mondiale delle acquaviti da cereali con un metodo produttivo distintivo che ne fa un prodotto complesso, degno di essere bevuto liscio con alcune release di grande pregio che però non riescono a spuntare, al momento, a differenza di scozzesi e giapponesi, quotazioni di assoluto riferimento.

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