Il nostro viaggio termina ad Oriente, andiamo in Asia e Australia per conoscere le bevande nazionali delle ultime 5 nazionali che qiest’estate ci sono contese in Russia la coppa più importante per un calciatore.
28. Arabia Saudita - Karkadè
Il karkadè è l’infuso ottenuto con i fiori interi dell’ibisco.
E’ una bevanda tipica dell’Africa e del Medio Oriente ma viene consumata, sotto altro nome, anche in Centro America e nei Caraibi.
Viene bevuto sia fresco che caldo, come dissetante puro ma ha un ruolo importante anche nella medicina tradizionale, essendo ricco di vitamina C ed acidi organici.
In alcune famiglie tradizionaliste dell'Arabia Saudita, dove è proibito tassativamente il consumo di alcolici, il karkadè aveva ed ha una simbologia fondamentale nei riti come il matrimonio. Con questa bevanda infatti, si effettua il brindisi augurale agli sposi.
Viene servito liscio moderatamente zuccherato e, talvolta, con aggiunta di altre spezie, fra cui chiodi di garofano e cannella.
29. Corea del Sud - Soju
Il distillato coreano appartiene alla tradizione asiatica che solitamente ha nel riso e patate dolci le principali materie prime fermentescibili. Alcuni soji moderni non disdegnano anche l’orzo, che risulta ovviamente molto più pieno e personale del riso, solitamente dalla struttura più esile.
Il nome significa “liquore bruciato” ed ha grosse attinenze con il “branvjin”, il vino bruciato di tradizione olandese che diede vita al brandy.
La produzione segue la tradizionale fermentazione del riso ad opera di una speciale muffa mentre le patate, sono cotte lungamente per favorire la trasformazione degli amidi in zuccheri e fermentate con lieviti selvaggi, specie nelle produzioni artigianali. I profumi possono essere molto particolari e complessi, in cui la materia prima gioca un ruolo determinante. Ovviamente il sapore è molto lontano dai nostri standard legati ai distillati di vino ed anche nell’orzo, in quanto i lieviti giocano un ruolo fondamentale.
Alcuni prodotti possono essere aromatizzati con radici di ginseng o altre piante, fino ad arrivare nella medicina tradizionale, a parti animali come i serpenti. Questo non deve stupire in quanto anche nelle nostre farmacopee casalinghe, tramandate fino ai primi del Novecento, era presente la grappa alla vipera e usata per curare diverse malattie.
La gradazione alcolica può variare da circa 25 gradi ad un massimo di 53, a seconda che il soju sia diluito con acqua o meno, e a seconda dello stile produttivo e della materia prima.
Il maggiore produttore è Jinro, la cui distilleria è sita nella Corea del Sud.
30. Giappone - Sakè
Il sake è la bevanda nazionale giapponese ottenuta dalla fermentazione del riso. L’errore più frequente è quello di considerare il sake un distillato, per via della sua gradazione alcolica (solitamente dai 18 ai 20 gradi) e dei suoi profumi aromatici e puliti tipici del passaggio in alambicco. Inoltre è da sapere che con la parola sake o shu in giapponese si indica generalmente una bevanda alcolica e non il fermentato di riso che in realtà si chiama nihonshu.
Il processo sfrutta il principio della produzione della birra, essendo il riso un cereale ricco di amidi e quindi di zuccheri complessi non fermentabili dai lieviti. La maltazione qui si svolge grazie ad una muffa nobile il koji-kin (aspergillus orzae) decisamente efficace nel suo lavoro di sintesi, che è responsabile anche della fermentazione. Infatti se nella birra maltazione e fermentazione sono separate nel sake sono simultanei.
Inoltre nella birra non abbiamo molte variabili qualitative, semmai stili produttivi, mentre nel sake incontriamo diverse classificazioni, ben nove.
Queste sono determinate dalla levigatura del chicco, per avere un maggior grado di purezza e pulizia, grazie all’eliminazione delle proteine che circondano il centro del chicco, più ricco di amidi.
Le classificazioni più alte e reperibili in Italia sono il Daiginjo con un grado di raffinazione inferiore al 50% ed il Ginjo inferiore al 60%. Nei sake di qualità inferiore, oltre ad un grado di raffinazione più basso, intorno al 40%, è possibile l’aggiunta di alcol ottenuto dalla distillazione del riso, da qui l’equivoco citato ad inizio articolo.
Il servizio del sake segue alcune regole, la più tradizionale è nel tokkuri, lo storico e classico contenitore di ceramica scaldato a bagno-maria a circa 40 gradi. Ma esistono anche sake ottimi serviti freddi, su ghiaccio o a temperatura ambiente, in una logica che potrebbe ricordare quella del vino. I profumi infatti sono sempre molto complessi ed articolati e si abbinano molto bene ai cibi.
Nell’ultimo periodo sono comparse sul mercato alcune aromatizzazioni specie con lo yuzu, un agrume poverissimo di succo ma fortemente aromatico.
31. Iran - Dough
E’ la bevanda nazionale dell’Iran a base di latte fermentato. Viene prodotta in tutto il mondo arabo e tradizionalmente era fatto con latte di pecora e capra, anche se ormai si trova anche di latte vaccino. Veniva prodotto mescolando una base di yogurt, la madre, con latte appena munto, racchiuso poi in otri di pelle di pecora o capra.
Oggi il latte è pastorizzato, si usano contenitori di acciaio e batteri lactobacillus bulgaricus e streptococcus thermophilus selezionati, che hanno sostituito la madre.
Si aggiunge poi del sale, mentre è facoltativo l’uso di piante aromatiche come la menta.
La fermentazione produce un lieve spunto carbonico che è appena percettibile ma molto piacevole.
Viene servito fresco, durante i pasti, specie a base di carne marinata e grigliata, o come dissetante.
32. Australia - Whiskey
Il whisky australiano è un fenomeno in crescita costante.
Lo stile produttivo è ovviamente influenzato dalla madre patria con l’uso di materie prime del tutto simili a quelle scozzesi. Il continente australiano infatti può contare anche su giacimenti di torba per la produzione di whisky sullo stile delle “Isole”, decisamente affumicati e personali. La maggioranza della produzione però è fatta di malti eleganti e fruttati di stile moderno. Gli alambicchi sono perlopiù di nuova concezione, discontinui di piccole dimensioni, spesso affiancati da colonne per la produzione di vodka e di grain whisky con gradazioni prossime ai 90 gradi.
La “birra”, il wash da distillare non è prodotta in proprio dalle distillerie,ma spesso proviene dai birrifici locali che hanno avuto un vero e proprio boom di aperture. Anche le distillerie si sono moltiplicate ed a oggi se ne contano ben 120 in attività, mentre la maggior concentrazione, per questioni climatiche spetta alla Tasmania, con 31, divenuta un vero e proprio cru di culto fra gli appassionati, soprattutto al di fuori del paese.
La Tasmania infatti ha un clima unico fresco ed umido unico nel suo genere che permette invecchiamenti molto simili alla tradizione scozzese, ed un acqua purissima che dona personalità ai malti.
Vedi anche:
I Mondiali di drinKing: Europa (prima parte)
I Mondiali di drinKing: Europa (seconda parte)
I Mondiali di drinKing: America
I Mondiali di drinKing: Africa
- #Mondiali drinKing