I mondiali di drinKing: Africa

di Fulvio Piccinino


Dall’America cambiamo continente per scoprire le bevande nazionali delle 5 nazionali che hanno rappresentato l’Africa a questo mondiale.

23. Tunisia - Thibarine

La Thibarine è probabilmente l’unico liquore prodotto a livello industriale in Tunisia. Viene utilizzato come digestivo dopo pasto ed unisce la sapienza erboristica europea con i prodotti locali, quali i datteri. Con quest’ultimi si confeziona il nabidh, una sorta di vino, che si dice fosse il preferito di Maometto, prima della sua proibizione. In questo caso invece i datteri sono messi in infusione alcolica insieme ad altre erbe, molte delle quali locali, per confezionare questo liquore, la cui ricetta si fa risalire a dei monaci appartenenti all’ordine dei dominicani, stabilitisi nell’area di Thibar. Qui sul finire del XIX secolo si era insediata una comunità cristiana dedita alla coltivazione dei cereali e della vite, che qui trovava un habitat molto adatto alla produzione di ottimi vini

24. Marocco - Mahia

La Mahia è considerato il distillato del Marocco, o forse sarebbe meglio dire era. La nutrita comunità ebraica presente in questo paese, lo distillava tradizionalmente utilizzando i dolcissimi fichi che crescevano nelle campagne. La sua elaborazione veniva tollerata dalle autorità che concedevano delle deroghe alle leggi imposte dall’Islam. Con la fine della Seconda guerra mondiale e la nascita dello stato di Israele i massicci flussi migratori fecero cadere nell’oblio il distillato. Divenne un prodotto familiare, prodotto in poche bottiglie da chi decise di rimanere. La mahia talvolta può essere elaborata partendo anche dal “vino di datteri” la bevanda più diffusa in assoluto nel mondo islamico. Alcune versioni di questo distillato sono aromatizzate con anice, spezia egemone nel Mediterraneo per le sue qualità disinfettanti dell’apparato digerente. Oggi si trovano alcune versioni industriali di questo distillato ma sono prodotte in Francia e America da famiglie ebree emigrate.

25.Nigeria - Ogorogoro

L’Ogorogoro è un distillato di vino di palma prodotto in Nigeria. Si ottiene passando in alambicco la bevanda fermentata tipica del Africa Centro Occidentale ottenuta con la linfa di un particolare biotipo di palma, la Raphia. La linfa viene raccolta attraverso delle incisioni nella corteccia, e per evitare fermentazioni indesiderate, viste le temperature, viene lavorata molto velocemente. La distillazione avviene all’interno di alambicchi rudimentali, spesso bidoni che originariamente contenevano greggio o altri oli. L’Ogorogoro può avere gradazioni prossime ai 60 gradi ma è il taglio sommario delle teste a rendere pericoloso questo prodotto, la cui produzione è per la quasi totalità artigianale. A distillarlo infatti è il padre di famiglia o i capi villaggio. Infatti questo prodotto ha una forte valenza religiosa e sociale in quanto viene utilizzato per officiare le funzioni, e per sancire matrimoni ed unioni fra famiglie. Il fatto che vi venga offerto questo distillato da capo famiglia significa che questo accetta di dare in sposa la figlia o un determinato accordo commerciale di compravendita di animale o terre. Come accade in altre culture una parte del distillato viene versato a terra, al termine del brindisi, per significare la restituzione a Madre Terra di quanto ci ha donato.

26. Egitto-Tamarindo

L’Egitto, così come tutta l’Africa Orientale, è famosa per la preparazione di una bevanda con la polpa del tamarindo maturo. Consumato in passato anche in Italia, ai primi del Novecento fu una vera mania, il tamarindo viene tradizionalmente servito fresco aggiungendo acqua e ghiaccio. Rinfrescante, ricco di vitamina C e di Sali minerali è l’ideale per il caldo clima del paese. La preparazione è tutto sommato semplice, ed avviene spolpando il frutto che somiglia ad un baccello di fagiolo, con semi circolari e durissimi. La polpa viene poi cotta a fuoco basso con acqua per ottenere un denso sciroppo con l’aggiunta di zucchero di canna. Viene poi usata in diluzione a seconda dei gusti personali sia per bevande che in cucina, dove spesso si accompagna, sotto forma di salsa agrodolce, i piatti di carne.

27.Senegal-Ataya

Con questo nome si indica un tè verde preparato in Senegal, spesso aromatizzato con foglioline di menta. La preparazione è un vero rituale, infatti ci si dispone in circolo aspettando che l’acqua arrivi in temperatura, solitamente sotto il punto di ebollizione. Dopo di che si mettono le foglie di tè verde in infusione, si aggiunge parecchio zucchero e la menta. Il servizio viene fatto con una sorta di throwing in quanto il tè deve formare la caratteristica schiuma, senza la quale nessun senegalese berrebbe il suo tè. Il primo bicchiere si dice che sia dolce come vita, mentre proseguendo nella macerazione il tè cede tannini dal tipico gusto amaro ed allappante, che simboleggia invece la morte. La tradizione vuole infatti che ognuno debba bere almeno due o tre bicchieri per rispettare la tradizione, legata al corso della vita. Da notare che se la cucina normalmente è un ruolo assolutamente femminile, la preparazione del tè è invece un’esclusiva maschile con il capo famiglia ad officiarla con precisi gesti e tempistiche rigorose tramandate di padre in figlio. La capacità di versare il prodotto nella maniera corretta, con la formazione della schiuma (ottenuta grazie alla combinazione dello zucchero e dei tannini del tè) sembra infatti che sia determinante e fonte di discussioni se non svolta correttamente.

Vedi anche:

I Mondiali di drinKing: Europa (prima parte)

I Mondiali di drinKing: Europa (seconda parte)

I Mondiali di drinKing: America

I Mondiali di drinKing: Asia e Australia

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