Guida al gin: definizioni tipologie e materie prime

di Fulvio Piccinino


L'interesse nei confronti del gin, spinto anche dai continui nuovi lanci dell'industria, è sempre più in crescita. Spesso però, anche a causa dell'elevato numero di prodotti esistenti, si tende a fare un po' di confusione. Nell'articolo di oggi cercherò di rispondere a domande quali: cos’è il gin? quante tipologie esistono? quali sono? 

La classificazione ufficiale dei gin

In Europa il riferimento normativo in tema di gin è il regolamento europeo 110 del 2008 e la sua successiva modifica, a distanza di qualche mese, che ha introdotto specifiche ulteriori sulla quantità di zucchero presente nel distillato. Nella prima versione infatti, il termine Dry poteva essere utilizzato solo per la tipologia London Dry in virtù della presenza massima di 0,1 grammi per litro di zuccheri. Questa dicitura è stata estesa successivamente anche ai Distilled e ai Gin Compound, per tutelare in qualche modo tutti i nuovi gin aromatizzati alla frutta, soprattutto spagnoli, che avevano reso il gin un prodotto molto simile ad un liquore. Il regolamento europeo fa una distinzione tra tre tipologie di gin: London Dry Gin, Distilled Gin e Gin (che corrisponde alla tipologia del Compound Gin).

1) London Dry Gin

È il risultato della distillazione di un macerato con alambicchi tradizionali o in corrente di vapore (carter head a cestelli) di alcol etilico in presenza di ginepro. Il distillato ottenuto non può superare, al termina del ciclo di distillazione, i 70 gradi alcolici. I grammi ettolitro di metilico non devono superare i 5 grammi ettolitro. Ma utilizzando alcol già rettificato in colonna per l’infusione questo non rappresenta mai un problema. Nella legge non si parla della presenza di altre piante obbligatorie e pertanto non esiste un disciplinare che imponga la presenza di determinate specie botaniche. È quindi errata la credenza che nel gin ci debbano essere almeno sette piante obbligatorie. Questa falsa diceria nasceva dal fatto che la maggioranza dei London Dry avesse poche piante aromatiche. Il grado alcolico del prodotto finale alla vendita deve essere almeno pari a 37.5 e solitamente il grado massimo è di 57. Per legge non è possibile fare aggiunte di altre sostanze aromatiche mentre è legale l’uso dell’ alcol puro per diluire l’alcolato aromatico o acqua per raggiungere la gradazione desiderata. Molti gin da prezzo usano entrambe le possibilità, mentre i premium solamente la seconda.

2) Gin distillato

E’ sostanzialmente un London Dry Gin a cui si possono aggiungere altre sostanze aromatiche alla fine della distillazione. Questo ha dato vita al moderno mercato del gin, altrimenti bloccato da un limite tecnico che impediva l’uso di fiori, verdure o aromatizzanti delicati e che oggi invece possono essere aggiunti, macerandoli nel gin o sotto forma di alcolati ottenuti con alambicchi rotavapor. La minor quantità di prodotto necessaria per aromatizzare e personalizzare i gin rende possibile l’uso di questi strumenti, la cui capienza solitamente è, come già detto, molto bassa. Questo processo ha dato vita a gin profumatissimi e colorati: dal verde del basilico, al rosa dei lamponi o del rabarbaro, impossibili da ottenere con il processo produttivo London. Con la distillazione infatti è impossibile estrarre i colori delle sostanze naturali utilizzate, in quanto le molecole responsabili della cromia sono troppo pesanti per evaporare.

3) Gin (Compound Gin)

È il famigerato gin della vasca da bagno o bathtub gin, come veniva chiamato ai tempi del proibizionismo. Era ed è ottenuto aromatizzando alcol puro solitamente con alcolati prodotti da terzi. Il processo è un semplice assemblaggio, un composto, da cui il nome, che viene ottenuto a freddo. Non c’è distillazione in quanto gli alcolati delle singole spezie ed erbe sono mescolati semplicemente fra loro. Nulla vieta anche qui di aggiungere macerati, piante aromatiche, fiori o frutti all’interno della ricetta, ragione per cui spesso i compound hanno colore e leggere velature. Il disciplinare contempla anche il Jenever olandese, lo Steinhager tedesco e Granjenever di scuola francese e belga, più altre specialità delle Ardenne, che vengono assimilati al gin, in quanto distillati aromatizzati al ginepro, ma di gran lunga diversi, a livello aromatico da un gin, e che pertanto non andremo ad analizzare.

Le altre tipologie di gin non disciplinate

Plymouth: è il gin prodotto dal 1793 nell’omonima cittadina nel sud ovest dell’Inghilterra. Fino al 2016 è stato uno dei tre gin, insieme al Mahon Xoriguer e al gin di Vilnius, ad avere la denominazione Igt. Con l’entrata in vigore del regolamento europeo 110 del 2008 Il gin viene prodotto con la tecnica London Dry e nella sua composizione botanica conta sette piante (da cui forse la credenza, vista anche la storicità della ricetta), dove predominano le note fresche ed agrumate per via di cardamomo, scorze di arancio e limone.

panorama di Plymouth, piccola cittadina a sud ovest dell'Inghilterra

Old Tom: è il gin vittoriano, la prima versione, quella storica, che la tradizione vuole abbia una delicata tendenza dolce. In passato era assimilabile, come stile produttivo, ad un London Dry in cui il profilo botanico era addolcito dalla presenza di liquirizia e semi di finocchio, mentre oggi può essere edulcorato, qualcuno anche con un 4% di zucchero, pratica successiva che lo fa uscire da questa classificazione.

Sloe Gin: Non è un gin ma un liquore. Veniva offerto dalle famiglie inglesi come liquore di benvenuto o utilizzato come digestivo e corroborante. Era ed è ottenuto partendo da un classico London Dry a cui venivano aggiunte una discreta quantità di prugne selvatiche, dalla spiccata acidità, e zucchero. Ogni famiglia aveva la sua ricetta segreta, circa la quantità di frutti, zucchero da aggiungere e magari qualche altra spezia segreta. Oggi viene prodotto da moltissime distillerie che hanno riportato in auge questo classico praticamente dimenticato. 

le prugne selvatiche con le quali viene fatto lo sloe gin

Contemporary Style Gin: questa dicitura si trova sui prodotti di nuova generazione che hanno elaborato prodotti, uscendo dalle classiche piante aromatiche del gin, che solitamente sono iris, coriandolo, cardamomo, angelica, cassia e le scorze di agrumi. Questi prodotti spesso sono composti da un numero elevato di piante, alcune inusuali, che ne fanno più dei profumi che dei gin, dove spesso l’odore pungente del ginepro fa da comprimario. Sono adatti specie a neofiti che magari non gradivano le note eccessivamente balsamiche dei gin tradizionali e spesso hanno degli story telling, fatti di ragionamenti astratti e modaioli. Ovviamente per la loro elaborazione ci si avvale spesso di rotavapor e sottovuoto.

Traditional Style Gin: è un gin classico, dove il profumo di ginepro è preponderante. Specie nell’ultimo periodo sono nati gin che dichiaravano l’uso esclusivo delle bacche di ginepro come aromatizzante rifacendosi alla primissima tradizione dei diuretici di metà Settecento oppure di quantità dimostrative di queste bacche in proporzione con gli altri ingredienti. Ovviamente sono ottenuti solamente con alambicco a caldo.

British London Dry: considerando che “London Dry” è uno stile produttivo e non una IG.  I Britannici hanno coniato questa definizione per differenziarsi dai London Dry in giro per il mondo, sottolineando la loro scuola produttiva. Cask Gin è un gin che ha fatto botte, solitamente per qualche mese, al massimo un anno, pertanto potrebbe definirsi una riserva. Pratica usuale, in quanto storicamente non esisteva altro sistema di trasporto se non la botte, ma divenuto piuttosto raro nei tempi moderni con l’arrivo dell’acciaio. Questi gin sono solitamente più arrotondati e meno pungenti al naso, grazie all’apporto dei tannini del legno che dona delicate percezioni di spezie dolci.

  • #gin


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