Il proibizionismo e il Bloody Mary di Fernand Petiot

di drinKing


1919: Proibizionismo e Speakeasy in America

Il proibizionismo nacque negli Stati Uniti d'America su forte pressione delle cosiddette Società di Temperanza, ovvero gruppi religiosi e politici di tipo fondamentalista con una connotazione fortemente moralista che, in pochi anni, riuscirono a influenzare la politica di Washington. Fra i numerosi scopi "religiosi" di queste società vi era in primis il bando di ogni bevanda alcolica e del gioco d'azzardo. Tra i sostenitori delle campagne a favore del “Regime dry” (asciutto) c’erano anche personaggi come John D. Rockefeller ed Henry Ford. I due speravano di convogliare i risparmi della popolazione in altri beni di consumo che non fossero bottiglie d’alcol, oltre ad augurarsi di combattere così l’assenteismo sul lavoro da “post sbronza”.  In quegli anni, infatti, si assisteva ad un abuso d’alcol soprattutto da parte della popolazione proletaria. A bandire ufficialmente l’uso, anche moderato, di sostanze alcoliche fu il Volstead Act del 1919 e il XVIII Emendamento degli Stati Uniti, conosciuto anche come The Noble Experiment (Il Nobile Esperimento). Ma gli Americani non avevano alcuna intenzione di rinunciare a bere e già, dal giorno successivo al Volstead Act, l’alcol era disponibile sul mercato nero, che per far fronte alla richiesta da parte degli affezionati bevitori, organizzò laboratori clandestini per la produzione di birra, surrogati del whiskey e altri superalcolici. Con il proibizionismo assistiamo anche alla nascita dei cosiddetti "Speak-easy", letteralmente “sottovoce”, ovvero dei club ai quali si accedeva tramite parola d’ordine e organizzati in genere in sotterranei, camere segrete o backdoor di grandi hotel, protetti da passaggi segreti con entrate e uscite separate. Gli speakeasy offrivano la possibilità di bere l’unico alcol a disposizione in quel momento, risultato di produzioni alterate, diluite e aromatizzate artificialmente con tratti organolettici discutibili che sciroppi e oli essenziali cercavano di migliorare. Spesso poi, gli stessi proprietari possedevano magazzini nei quali producevano i cosiddetti “Bathub Spirits” ovvero “alcolici della vasca da bagno” che, preparati in bottiglie troppo larghe per poter essere riempite dal lavandino, rendevano necessario in alternativa l’utilizzo della vasca da bagno, che ospitava spesso anche la fermentazione e la distillazione. Certo è che per la mixology americana e la sua “Golden Age of Cocktail” l’era del proibizionismo fu un duro colpo: molti bartender emigrarono nei Caraibi o in Europa, altri si ritrovarono a gestire speakeasy, se non a lavorare in farmacie e drogherie. Si dovrà attendere più di un decennio dall’inizio del proibizionismo per assistere all’abolizione del XVIII emendamento e del Volstead Act. Sarà il dicembre del 1933 ad essere testimone della ritrovata libertà al consumo d’alcol da parte degli Americani.

1920: Fernand Petiot e il Bloody Mary

Tra gli aperitivi più conosciuti e apprezzati troviamo il Bloody Mary, cocktail dal nome bizzarro e “controverso”, sia per l’origini legate al nome che per la sua esatta comparsa nel bartending internazionale. Da quanto riportato in un articolo del New York Herald Tribune del 1939, fu George Jessel a inventarlo, miscelando “metà succo di pomodoro e metà vodka”, ma a rivendicare la paternità del cocktail così come lo conosciamo oggi fu il francese Fernand Petiot, barman dal 1934 al 1966 del St. Regis Hotel di New York . In un’intervista del 1964, Petiot affermò di aver dato vita al Bloody Mary odierno, poiché il drink di G. Jessel non era altro che vodka e succo di pomodoro: fu lui ad aggiungere sale, pepe di Cayenna, salsa Worcestershire e succo di limone. Secondo quanto raccontato dal barman, all’inizio al cocktail venne dato il nome di Red Snapper, perché il nome Bloody Mary (ispirato, si dice, alla Regina Maria Tudor detta “la Sanguinaria” visto che il colore del pomodoro ricordava il rosso del sangue), risultava alquanto “inappropriato” per il linguaggio dell’epoca. Quando negli anni ’20 fece la sua comparsa il tabasco e il gin prese il posto della vodka, di difficile reperibilità durante il proibizionismo, il Red Snapper divenne a tutti gli effetti il Bloody Mary. Pensando a questo cocktail è inevitabile immaginarlo con un gambo di sedano: alcuni dicono che abbia fatto la sua comparsa negli anni’ 60, quando ad un party presso la Pump Room, dell'Ambassador East Hotel di Chicago, un ospite mescolò il suo Bloody Mary con un gambo di sedano “rubato” dai vassoi degli appetizers, ma c’è chi sostiene che il gambo di sedano nel succo di pomodoro era già in uso negli anni '50. Esiste inoltre un’ulteriore ipotesi circa la nascita di questo drink, che ci porta a Parigi in compagnia di uno dei bevitori più famosi della storia: lo scrittore Hernest Hemingway. Secondo questa ipotesi, il cocktail fu creato dal barman Bernard “Bertin” Azimont al Petit Bar di Parigi, ritrovo di artisti e scrittori, per aiutare Hemingway a evitare le ire della moglie la quale vigilava sul divieto di bere alcolici, dato dal medico al mrito scrittore scrittore. Bertin propose a Hemingway un long drink a base di succo di pomodoro e vodka, aromatizzato da spezie, questo perché il succo di pomodoro è noto per essere uno degli anti-sbronza per eccellenza. A quanto pare l’esperimento funzionò, visto che il giorno dopo Hemingway arrivò al bar dicendo “Quella maledetta di Mary non si è accorta di niente” che tradotto suona come “Bloody Mary….

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