Scopriamo le tendenze 2024!

di Fulvio Piccinino


Come ogni anno cercheremo di capire quali possano essere le tendenze del mondo degli spirits per il prossimo anno consci del fatto che queste previsioni, per quanto fatte con dati e percentuali alla mano, siano fra le cose più difficili.
Dimostrazione ne sia che, leggendo gli articoli degli anni passati, non si può fare a meno di fare qualche sorriso ironico.

Il preconizzato boom degli analcolici e l’espansione degli hard selzer sono gli esempi più eclatanti. Quest’ultimi spesso indicati come la nuova frontiera del bere stanno iniziando a soffrire anche nel loro paese di origine, gli Stati Uniti, senza che l’amore sia sbocciato anche nel Bel Paese. L’Italia è un mercato a sé, talvolta influenzato dalle mode americane ma con uno stile di bevuta completamente diverso che si uniforma solamente nel constatare il successo, praticamente planetario, dello Spritz. D’altra parte è dagli inizi degli anni Cinquanta che vantiamo una gamma di analcolici da aperitivo di grande successo che hanno introdotto in tempi non sospetti la cultura del low alcol.

Ma veniamo alle nuove previsioni partendo dalla proposta italiana per poi analizzare le eventuali sorprese dall’estero.

Liquori al caffè

Per una volta non partiremo con i distillati ma con un liquore che vanta un’aromatizzazione molto in voga nel passato che sta tornando prepotentemente alla ribalta, il caffè. I famosi “rinfreschi” i liquori a base di questa bevanda sono citati sui testi di liquoristica a partire dalla fine dell’Ottocento ed ebbero per tutto il secolo successivo periodi di grande successo. Anche se raramente ci si pensa, grandissime vendite furono vendute negli anni Settanta quando le mignon di questi prodotti, soprattutto Borghetti e Gala di Stock erano consumate a migliaia all’interno degli stadi. Un altro acuto fu dovuto al successo del White Russian grazie alla popolarità raggiunta dal film “Il Grande Lebowsky” uscito nel 1998. Dopo un nuovo naturale declino del prodotto, un nuovo exploit con l’arrivo dell’Espresso Martini che nel 2022 era praticamente presente in tutte le carte cocktail. Questa nuovo drink ha dato nuovo impulso ai prodotti di questa categoria attirando le attenzioni delle multinazionali con nuovi lanci ed acquisizioni di marchi emergenti.
Il 2023 ha visto il lancio di alcuni brand e per il 2024 potrebbero esserci altre sorprese.

Whisky Italiani
Il whisky italiano sarà il nuovo trend spirits per il 2024 con in testa il Trentino- Alto Adige che, di fatto, presto prenderà il nome di Italian Highlands con la quasi totalità delle realizzazioni sul mercato.
Al marchio “storico” Puni, si è aggiunta Psenner ed in tempi recenti Roner e Villa de Varda, a conferma di quanto detto.
Oltre a questi, il veneto Poli, la lombarda Strada Ferrata e la toscana Nannoni ma scommettiamo che le sorprese non sono finite.
A noi italiani non manca la fantasia ed abbondiamo di ottimi vini le cui botti potrebbero essere usate per wood finish molto interessanti.
Ovviamente pensando al disciplinare la crescita non sarà così esplosiva come con il gin poiché l’acquavite di malto necessita di almeno 3 anni di invecchiamento per diventare whisky. Pertanto la sua produzione va studiata e pianificata per tempo, diversamente dal distillato al ginepro che può essere pronto in qualche mese dalla partenza della sua progettazione.

Gin
Siamo sicuri che il successo del gin si sia esaurito? Certamente non si può parlare di nuova tendenza ma il consumatore finale sembra ancora avido di novità. Il successo delle masterclass e degli eventi locali dedicati a consumatori ed appassionati sono la dimostrazione tangibile che non siamo ancora arrivati alla fine dell’onda.
Se il barman è stufo di sentirsi parlare di gin è ancora comunque in grado di riconoscere un cavallo di razza ed appassionarsi ad un prodotto, come dimostra il successo che stanno ottenendo i gin giapponesi che non sono sicuramente prodotti della prima ora. Pertanto, tecnica e efficacia stilistica sono ancora in grado di stupire un mercato probabilmente saturo ma che conta molti interpreti improvvisati destinati all’oblio.

Amari
Il mercato degli amari è stato sicuramente la sorpresa degli ultimi due anni. Anche qui si sono susseguiti moltissimi lanci operati da distillerie locali che giocavano sul chilometro zero ed il territorio. Un trend che sembra però affievolirsi se non altro per un abuso del termine che ha inflazionato la proposta. Ora la prossima tendenza potrebbe essere giocata sull’originalità dell’etichetta, sull’esclusività ed unicità della proposta. Il tutto senza trascurare la sostenibilità con l’introduzione del concetto di impatto zero per la sua produzione.

Vermouth
Facciamo una premessa. Secondo una ricerca svolta da Trade Lab negli ultimi 12 mesi sono stati serviti 850 milioni di aperitivi fra ristoranti e bar di cui 580 serali. Un fenomeno che coinvolge 14 milioni di italiani ed un giro di affari di 4,5 miliardi di euro. Se la tendenza a “bere arancione” è sicuramente predominante non dobbiamo sottovalutare la miscelazione dei classici a base vermouth. Pertanto la speranza è che questo vino aromatizzato confermi le crescite a doppia cifra degli ultimi anni e che anzi le migliori. D’altra parte chi meglio del vermouth può interpretare il ruolo di consumazione low alcol?
La vera novità che emerge dalle ultime indagini sembra essere la bevuta liscia. In passato i marchi storici, per quanto buoni, assecondavano la tradizione di bere il vermouth solo ed esclusivamente in miscelazione. Ora la volontà, soprattutto dei nuovi lanci che stanno puntando forte anche sul vino di base con realizzazioni con doc e docg, è quella di spingere forte sul consumo liscio. Un modo per far conoscere al meglio il vermouth e farlo apprezzare nelle sue sfumature.

Passiamo alle tendenze straniere che potrebbero sfondare in Italia.

American single malt whisky
Questo whisky, di cui italiani non eravamo a conoscenza fino a qualche anno fa, ha iniziato a conquistare non pochi appassionati anche in italia. Questo soprattutto grazie ad importatori lungimiranti che dopo il successo del Giappone hanno compreso che il whisky stava tornando. Dopo anni a ripetere che sarebbe arrivato l’anno del Bourbon eccoci a parlare di un puro malto a stelle e strisce che potrebbe sparigliare le carte del mercato.

Tequila e Mezcal
Questi due distillati di agave continueranno a crescere anche per via degli investimenti, soprattutto su quest’ultimo da parte delle multinazionali in cerca di prodotti artigianali. Oramai lo ripetiamo da due anni almeno.
Il successo del Paloma, la conferma del Margarita che corre dritto verso il numero uno della classifica dei cocktail più bevuti, quanto meno in America e un generale apprezzamento per questi prodotti dal gusto particolare che evocano festa e divertimento non faranno che accrescere i volumi. Parlando di mercato d’Oltreoceano, si stanno conducendo approfonditi studi per trovare i microclimi adatti alla coltivazione dell’agave, mentre è nato il California Agave Council con il dichiarato intento di produrre un distillato in breve tempo per soddisfare, con prodotto americano, la sete dei giovani consumatori di tequila e mezcal. La presenza sul mercato italiano di Desert Door, il primo sotol texano di pregevole fattura, è un indizio importante di questa tendenza.
Sul mercato italiano, oltre alle prime release di Agalia, il primo distillato di agave nell’ovest della Sicilia, si segnala il continuo arrivo di nuovi marchi altamente qualitativi che non faranno che arricchire il parco esistente per una sempre crescente fila di appassionati. L’affinamento delle tecniche produttive se da una parte fanno storcere il naso ai puristi dall’altra non fanno che avvicinare nuovi consumatori grazie ad una maggiore finezza e bevibilità. Parlando ancora di gin, non possiamo non dire che il gin alla fragola o al pompelmo, vere aberrazioni della tradizione più pura del London Dry, non abbiano contribuito in maniera determinante all’allargamento del mercato.

Souchu e Soju
Il successo del cibo orientale, sushi in testa, determinerà una maggior distribuzione dei prodotti alcolici di questa scuola. Assodato che il sake è un trend in costante crescita le sorprese potrebbero venire dal souchu. Va detto che questo distillato viene prodotto, con qualche differenza organolettica in Giappone e Corea, dove prende il nome di Soju.
Al recente Bar Convent di Berlino lo stand del Giappone riservava grandi sorprese di gusto per un prodotto lontano dai nostri canoni gustativi ma esente dagli estremi organolettici del cinese baijiu.
Gli investimenti giapponesi non terminano qui e verranno bissati anche in Francia dove è prevista una massiccia presenza di produttori per la kermesse parigina Cocktail & Spirits, in programma a novembre. Il tutto corredato da una Souchu Week che vedrà impegnati tutti i bar più importanti di Parigi. Pensando all’efficacia che ebbe l’investimento del governo giapponese sulla promozione del sake all’indomani di Fukushima e alla loro tremenda efficacia messa in campo per whisky e gin risulta difficile non pensare ad uno sbarco anche in Italia.
Questo distillato risponde anche in maniera egregia anche al nuovo trend del low alcol in quanto la gradazione non supera mai i 25 gradi.
Giova ricordare che Jinro, un brand sud coreano di soju, vende 100 milioni di casse da 9 litri e risulta essere il prodotto alcolico più venduto al mondo mentre al settimo posto di questa classifica abbiamo un altro soju, Chum Churum, il suo primo concorrente. Per avere un’idea della massa venduta dal numero uno, il terzo posto è occupato da un whisky indiano che di milioni di casse ne fa 31.
Il successo delle boy band di questo paese sta trainando la diffusione di questo prodotto negli Stati Uniti da sempre ricettivo alle novità.
Vedremo se spunteranno i germoglia anche in Italia.

Anche quest’anno siamo giunti al termine dell’articolo e ci rivedremo fra dodici mesi per tirare le somme.
Buon 2024 a tutti.






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