I segreti de la Baita Mussoi, studenti all'Università della Birra

di Francesca Negri


Trecentoquaranta ettolitri di birra all’anno, 20 vie per altrettante tipologie di birra che cambiano con frequenza settimanale e una capienza massima di ottanta persone. Sono questi i numeri (da record) de La Baita Mussoi di Belluno, il caffè-birreria-paninoteca di Igor Picozzi che, assieme alla compagna e socia Sara, in quattro anni dall’apertura è stato capace di mettere a segno performance da record, specie se si pensa che Belum – questo il nome ladino della cittadina incastonata tra le maestose pareti dolomitiche dello Schiara – conta 35mila anime.

Il segreto de La Baita? Sicuramente la passione, abbinata alla sete di cultura e di ricerca di Igor, che lo spinge a dedicare persino il poco tempo libero che gli rimane per andare alla scoperta di nuovi spunti e macinare anche 700 chilometri al giorno per migliorare la qualità dell’offerta e del servizio da offrire ai suoi clienti, frequentando i corsi dell’Università della Birra, il polo professionale promosso da HEINEKEN Italia e rivolto agli operatori del settore.

E anche in questo caso Igor segna un record perché è il primo “studente” ad aver già partecipato sia ai corsi dedicati alla cultura birraria, come Dall’Orzo al Bicchiere e l’Arte della Spillatura, sia a corsi sulla Gestione Economica del Punto di Consumo, Costi e Ricavi, perché se è importante sapere di birra e saperla spillare correttamente, è anche fondamentale saper leggere il proprio bilancio, avere la consapevolezza dell’andamento economico del proprio locale sia in termini di costi che di opportunità per incrementare i ricavi.

L'Università, che ha sede a Milano nel quartiere di Lambrate negli spazi un tempo occupati da una tipografia e ora recuperati, offre in oltre 1000 metri quadrati aule per la didattica e lo studio, ma anche per la condivisione di idee, di esperienze e di conoscenze. I corsi sono tenuti da docenti qualificati che portano in aula tutta la loro competenza in materia di cultura birraria e di gestione aziendale,supportati anche dall’utilizzo di tecnologie digitali per l’e-learning, una app (#iospillo) focalizzata sulla spillatura e simulazioni di realtà virtuale. Un luogo progettato per essere funzionale alla missione di Università della Birra: divulgare know how e competenze di alto livello per gli operatori del settore e stimolare concrete opportunità di business.

Stimoli e opportunità importanti, come sottolinea Picozzi:

 «L’Università della Birra a mio avviso consente di ampliare i propri orizzonti, partendo dall’orzo e arrivando al bicchiere. Inoltre, il corso di gestione economica e dei ricavi è molto importante, ma quello che considero fondamentale è il corso sull’arte della spillatura perché è in grado di far comprendere un concetto di qualità senza compromessi che poi si trasformerà sicuramente anche in ritorni economici nelle nostre attività»

L’impegno per frequentare questo corso è stato tanto:

 «Mi sono messo, come sempre, in gioco – spiega Picozzi –. Il bello è potersi confrontare con insegnanti di questo livello, che è altissimo, persone che hanno un bagaglio di esperienze e di vissuto e non importa se, su certi argomenti, mi trovo in disaccordo. Non smetterò mai di studiare, di leggere libri e articoli sulla birra, perché sono convinto che basti una frase per far accendere la lampadina di un’idea o aiutarti a fare meglio qualcosa. Avrei voluto frequentare questa Università prima, è una bellissima opportunità di crescita e confronto».

L’entusiasmo di Picozzi è talmente coinvolgente che a settembre frequenterà altri corsi, ma non solo:

 «Verrò anche con alcuni miei colleghi, oltre che con i miei collaboratori. Sarebbe bello poter avere anche l’occasione di partecipare a open day o workshop, per riuscire a incontrarsi tra operatori, parlare delle reciproche esperienze, scambiarsi idee, confrontarsi su problemi comuni».

Insegnamenti, quelli che Igor si è portato a casa in questi ultimi mesi, frequentando il corso “Cultura birraria” dell’Università della Birra promossa da HEINEKEN Italia, che già hanno portato dei cambiamenti nella sua attività, a partire da una migliore pianificazione del lavoro fino ad arrivare a individuare la necessità di approntare delle migliorie al proprio locale, anche nell’ottica di poterne ampliare la capienza. Gli obiettivi, del resto, anche per il 2019 sono di crescita e non c’è da stupirsi:

«Siamo partiti con il 5 vie – racconta Igor – poi abbiamo pensato di puntare sul multivie e questo ha pagato molto. Il secondo anno di apertura de "La Baita Mussoi", nel 2016, abbiamo venduto 190 ettolitri di birra, poi abbiamo aggiunto altre vie finché oggi siamo arrivati a quota 20, a CO2, a carboazoto e a pompa, così da offrire stili diversi con il miglior servizio. Quando abbiamo messo le 20 spillature, l’incremento è stato accentuato, basti pensare che dai 120 ettolitri del 2015 siamo passati ai 340 ettolitri nel 2018 e, anche per l’anno in corso, questo trend non si sta fermando. Credo che chiuderemo il 2019 a quota 380 ettolitri. La cosa, a mio avviso, incredibile è che noi facciamo numeri folli, forse tra i migliori d’Italia, con un bacino d’utenza davvero ristretto e con un locale che al massimo tiene un’ottantina di persone a sera».

Igor Picozzi oggi ha 43 anni e il suo primo locale lo ha aperto a 22.

«Partesa è mio fornitore da sempre – racconta –. Oggi gestire 20 vie non è facile, abbiamo una rotazione continua, cambiamo almeno due o tre birre alla settimana in modo da avere sempre qualcosa di nuovo e programmato da proporre ai nostri clienti».

Le birre che vanno per la maggiore a La Baita sono le pils come la Krombacher, la garage beer brianzola Hibu «che ha una linea molto interessante», le irish stout come la Murphy's, birra scura irlandese, prodotta fin dal 1856 nell'omonimo birrificio di Cork, la Brown Ale come la Newcastle e le kriek (birra belga a cui viene aggiunto succo di ciliegia), di cui Igor e il suo staff spillano ben 120 fusti l’anno.

«Con la kriek siamo diventati un caso fuori dal comune – ammette Igor –. Abbiamo tante rosse in linea e in rotazione e anche tre birre acide. Secondo me, il futuro del settore, però, tornerà alle Pale Ale, birre ad alta fermentazione con gradazioni alcoliche moderate che magari ti incentivano a berne una di più e che sicuramente consentono di giocare su profumi e consistenze grazie alla corretta spillatura».

Picozzi si accarezza la folta barba scura con la mano e appoggia lo sguardo in un punto indefinito dell’aula dell’Università della Birra. Il prossimo progetto?

«Tra dieci anni vorrei diventare un ambasciatore della birra, per mettere la mia esperienza a disposizione di un settore in cui c’è ancora molto da fare per la divulgazione della cultura e della qualità».



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