Limitare gli sprechi alimentari è un obbiettivo importante per tutti gli operatori dell’ho.re.ca. La crescente necessità di adottare una ristorazione sostenibile non è suscitata esclusivamente da una vera e propria emergenza sociale, ma anche imprenditoriale. Il food cost è una voce di spesa rilevante per le aziende dell’accoglienza e gli sprechi alimentari contribuiscono a renderla sempre più incisiva nel bilancio. È una tematica sentita anche dai consumatori, seppur sia emersa dall'indagine sulla gestione degli sprechi alimentari, realizzata nel 2017 dalla terza edizione dell’Osservatorio Metronomo una discrepanza di percezione: per il cliente l’ho.re.ca. non impatta quanto il consumo casalingo nel produrre spreco di cibo. Una visione purtroppo erronea e creatasi dallo scarso coinvolgimento del cliente nella problematica. La gestione dei rifiuti nei ristoranti e nei bar avviene sempre lontano dagli occhi del consumatore.
Ristorazione e sprechi, soluzioni condivise
A inizio anno anche la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), a seguito di un’accurata analisi, aveva segnalato uno spreco annuo di circa 190 mila tonnellate di cibo e l’intenzione di sensibilizzare i propri associati anche con l’introduzione di doggy bag – trovando un accordo di fornitura con Comieco.La diffusione di questo contenitore, ideato per raccogliere e conservare gli avanzi dei pasti, è uno dei metodi più efficaci per combattere gli sprechi.
In Svezia invece hanno avuto questa idea:
Altre soluzioni pratiche
Ma quali sono gli altri accorgimenti che i professionisti della ristorazione possono adottare per ovviare una problematica tanto rilevante sia dal punto di vista sociale e nel bilancio economico dell'attività? Il primo passo è quantificare quanto e dove incide lo spreco alimentare. A prima vista sembra cosa ovvia ma, in realtà, richiede una notevole attenzione da parte di tutto il team del locale. Non riguarda solo la gestione dei rifiuti ma, innanzitutto, di monitorarne, nel limite del possibile, l’origine. Un compito che richiede uno staff attento e che ne coinvolge in toto l’attività, dalla cucina alla sala. I rifiuti possono, infatti, essere classificati in tre categorie a seconda della fase in cui si generano:
- Rifiuti pre consumo, che non lasciano nemmeno le cucine e i banconi
- Rifiuti post consumo, laddove il cliente non consuma quanto ordinato
- Rifiuti non strettamente alimentari, ad esempio, riguardanti il packaging degli alimenti e del beverage offerto
Le prime due voci sono le cause dello spreco alimentare di un bar o di un ristorante. Il ristoratore può agire su entrambe per limitare il dispendio di risorse, ma è sul processo di creazione dei rifiuti pre consumo a cui può maggiormente porre rimedio.
Sprechi pre consumo
L’inventario degli alimenti in magazzino o in cella è necessario per prendere coscienza della totalità dei generi alimentari a disposizione e del loro stato di conservazione. Una panoramica spesso permette di individuare al volo qual è il problema. Ci potrebbero essere, ad esempio, degli alimenti che rimangono immagazzinati troppo tempo senza essere utilizzati, altri deteriorati ben prima di un’eventuale data di scadenza. Nel primo caso si può facilmente agire in fase d’acquisto, nel secondo bisogna verificare che vi siano le corrette condizioni di conservazione degli alimenti. La differenza è dettata anche dalla perizia delle persone sia durante la lavorazione della materia prima che nella scelta dei piatti da proporre al cliente: la possibilità di differenziare la propria offerta, utilizzando i medesimi ingredienti, è un plus, poiché favorisce una decrescita degli sprechi. Un esempio di quanto l’inventiva e la tecnica possa sopperire agli sprechi non riguardano solo la prima lavorazione delle materie prime, ma anche il riutilizzo degli scarti; come nel caso dei resti di lavorazioni delle verdure, i quali si prestano bene per fare dadi vegetali casalinghi o come base per preparare sughi e minestre.
Sprechi post consumo
Sono ben più difficili da gestire e prevedere, poiché devono tener conto di un terzo attore oltre gli alimenti stessi e lo staff del locale: il cliente. Il ristoratore intenzionato a limitare i rifiuti in tale fase deve, pertanto, monitorare il comportamento del cliente oltre che il volume di scarti e piatti rimandati indietro. Un’analisi che non solo permetterebbe di determinare il piatto meno apprezzato, ma anche di tarare le porzioni sull'effettivo consumo della clientela, scongiurando la produzione di scarti. Se, ad esempio, il club sandwich al roast beef non riscuote successo nelle ordinazioni, è controproducente continuare ad acquistarne gli ingredienti che potenzialmente andranno a deteriorarsi prima di un effettivo utilizzo.
- #sostenibilità